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Māori: il mito di Māui e del suo pesce

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view post Posted on 16/4/2021, 17:01
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Prima di iniziare a leggere questo racconto, è bene leggere l’introduzione https://ostraka.forumfree.it/?t=78423638

Un oggetto in giada nefrite che non è difficile vedere pendere al collo dei pescatori Māori è l’hei matau, lett. “amo da pesca”, che appunto non è nient’altro che la stilizzazione di un amo da pesca, in particolare di quello utilizzato da mitico grande pescatore Māui in una precisa occasione.

moderno Hei matau in pounamu kahurangi, giada nefrite verde smeraldo
https://miro.medium.com/max/410/1*cbqThmDc...B1tKwwqMLA.jpeg

Si dice che l’amo fabbricato da Māui avesse la forma dell’attuale Baia di Hawke, situata sulla costa orientale di Te Wāhi Pounamu, cioè North Island, New Zealand.

La baia di Hawke
www.google.com/maps/place/Hawke...3;4d176.5804473

In origine l’hei matau era fabbricato in osso, i più belli in osso di balena, per una ragione particolare, che si capirà leggendo il racconto che segue queste brevi note.
Solo in tempi relativamente recenti si è consolidato l’uso di fabbricarlo in nefrite, un tempo questo materiale era riservato solo agli esemplari indossati dai grandi capitribù.

Giova specificare che un tempo gli oggetti in nefrite non erano di proprietà di chi li indossava, bensì dell’intero clan tribale, essendo elementi costitutivi del mana collettivo, in quanto oggetti definiti taonga, cioè oggetti sacri che secondo l’antica definizione “hanno le proprietà acquisite dalla lancia”, una espressione per indicare che sono permeati dello spirito del grande guerriero al quale venivano affidati in possesso.
Il clan, quindi, affidava solo ai grandi guerrieri gli oggetti fabbricati con la nefrite. Nel caso che in seguito un personaggio non se ne dimostrasse degno, doveva restituire tali oggetti al clan, altrimenti avrebbe disturbato l’equilibrio del mana clanico.
Alla morte di questi personaggi, gli oggetti in nefrite che avevano ricevuto in possesso tornavano in proprietà del clan e venivano depositati nella whare, la grande casa che serviva per le adunanze di tutto il clan, per trasferire al clan stesso il carico di mana acquisito attraverso il grande personaggio deceduto e a sua volta ricaricarsi di esso, in attesa di essere affidati ad un altro grande guerriero.

Torniamo all’hei matau.
Esso rappresenta non solo la Baia di Hawke, in pratica la loro terra, ma abbondanza, forza, determinazione, prosperità e fertilità. Inoltre, rappresenta il rispetto nei confronti del mare e delle sue creature, per cui il possesso dell'amuleto garantisce la protezione, la sicurezza mentre si viaggia sulle acque e la garanzia di fortuna nella pesca.
Per i pescatori, il possesso dell’hei matau era di vitale importanza, in quanto la pesca rappresentava la maggior fonte di Kai Moana (letteralmente "cibo dal mare").

Māui, il grande marinaio e pescatore

Nella notte dei tempi, quando ancora della nostra terra Atearoa esisteva solo Te Wāhi Pounamu, quella che gli spregevoli invasori pakeha chiamano North Island, esisteva anche solo Atea, la prima divinità.
Essa si scisse in due parti, l’una maschile e l’altra femminile, dando origine alla prima coppia, i Grandi Signori Rangi e Papa, che noi Māori conosciamo con molti altri nomi.
Rangi lo chiamiamo anche Rangi-nui o Rangi-raki, il Grande Padre Cielo nella lingua dei pakeha, gli spregevoli invasori pallidi, dai capelli color dell’erba secca e gli occhi del color del cielo, arrivati sule grandi canoe spinte dal vento.
Papa, invece, ha due mana, che chiamiamo, a seconda delle occasioni, Papa-tūānuku, la Grande Madre Terra nella lingua degli invasori, oppure il suo doppio Hekeheke-i-papa, Colei che discende al Mondo.

Rangi e Papa vivevano strettamente abbracciati e dalla loro unione nacquero molti figli, alcuni dei quali, partoriti con il mana Papa-tūānuku, rimasero nei cieli alti e ci appaiono sotto forma di quelle che gli invasori chiamano stelle, mentre altri, figli del mana Hekeheke-i-papa, scesero sul Mondo, dando vita ai suoi diversi aspetti.

Così arrivarono nel Mondo Haumia-tikitiki, che gli invasori chiamano dio del cibo vegetale spontaneo, Manu-ika, dio uccello e pesce, Manu-nui-a-ka-hoe, l’aiuto e il protettore dei rematori, Hua-waiwai, il dio della frutta polposa, Tahito-kuru, il soffio vitale, Kohu-rere, la nebbia umida, Te-ao-hiawe, il giorno tempestoso, Haere, dio dei viaggiatori, Ue-nuku-pokaia, che blocca la terra tremante, Ue-nuku-horea, che tranqullizza la terra tremante, Rangi-whitikina, che fa vedere il cielo come un circolo, Te Pu-ki-tonga, l’acqua che arriva dal sud, e altri ancora, per favorire la generazione degli esseri viventi e il loro nutrimento.

In realtà, assieme ad Atoa esisteva anche Ta’aròa, che diede a Rangi il potere sulla Luce e a Papa quello sulla Terra.
Così, Rangi trasferì quel potere a Tane, che divenne dio della Luce e del Giorno.
Allora Tane radunò un mucchietto di stelle, le trasferì nella sua waka hourua, la grande canoa oceanica a due scafi, come la chiamano i pakeha, e le trasferì nel cielo, originando Ika Roa, il grande pesce che i pakeha chiamano Via Lattea, che è la nostra fonte di orientamento durante i viaggi notturni in mare.
Da una di queste stelle, che noi Māori chiamiamo Rehua e gli spregevoli invasori pakeha chiamano Antares, nacque il padre di Māui, il più grande pescatore mai esistito e il secondo navigatore più grande, dopo Ngahue.

Un giorno Māui, che viveva nella terra di Te Wāhi Pounamu, quella che gli spregevoli invasori pakeha chiamano North Island, uscì a pesca e sfortunatamente consumò tutte i suoi ami e le sue esche, senza riuscire a catturare nemmeno un pesce.
Allora, cercò tra quanto aveva a bordo della sua waka tīwai, la canoa da pesca, come la chiamano i pakeha, è trovò la mandibola di sua nonna e un coltello di ossidiana.

Utilizzando il coltello, dalla mandibola ricavò un amo, che aveva la forma della baia dalla quale era partito.
Legò per bene l’amo alla lenza ma ancora non aveva esca. Così, dato che non temeva il dolore e non aveva paura di nulla, si diede un fortissimo pugno sula naso, che iniziò a sanguinare come un piccolo torrente.
Māui congiunse le mani, a formare come una mezza noce di cocco e raccolse il suo sangue, lo lasciò rapprendere e realizzò così l’esca da attaccare all’amo.

Quindi gettò l’amo, legato alla lenza, nelle acque appena al di fuori della baia da cui era partito e attese che un pesce abboccasse.
Questa volta, la fortuna gli fu propizia e abboccò un pesce, che Māui subito capì essere enorme, dalla forza con cui tirava la lenza.
Māui era un grande pescatore, molto esperto e molto forte, e anche se la lenza gli faceva sanguinare le mani, la tenne ferma con la sua presa, cosicché il grande pesce, che ancora lui non poteva vedere, iniziò a trascinare al largo la waka tīwai.

Anche se questa era abbastanza piccola, a poco a poco il pesce si stancò e con grande sforzo Māui lo tirò alla superficie.
Quale fu la sua meraviglia nel vedere che si trattava del grande Poutini, il pesce che aveva regalato a Ngahue il blocco di splendida pounamu kahurangi, che i pakeha chiamano nefrite smeraldina, che era servito a costruire l’ascia Tutauru.
E ancor più si meravigliò quando Poutini, una volta fuori dall’acqua, si tramutò in un attimo nella Te Ika-a-Māui, cioè il pesce di Maui nella lingua degli invasori pakeha, quella che loro chiamano South Island.

E fu così che la nostra Atearoa, la terra della nuvola bianca nella lingua dei pakeha che la chiamano New Zealand, fu completa delle sue due grandi Isole, Te Wāhi Pounamu, l’isola della pietra verde o North Island per i pakeha, e Te Ika-a-Māui, il pesce di Maui o South Island per i pakeha.
E da allora, i pescatori usano portare appeso al collo l’hei matau, l’amo da pesca di Māui, in segno di rispetto per le creature che vivono nel grande mare.
Esso è l’oggetto taonga che dà loro coraggio nelle tempeste, forza nel tiare lenze e reti, e garantisce fortuna nella pesca, prosperità e abbondanza.

PS
Mi sono sempre chiesto se quel sanguinamento, causato dal pugno di Māui dato al suo stesso naso, rappresenti un non casuale auto-sacrificio

Māui porta l'appellativi di Tikitiki, cioè "nodo massimo" o "nodo sacro", allusione del nodo utilizzato per fissare l'amo da pesca alla lenza.

Edited by Usékar - 16/4/2021, 19:49
 
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